Cassazione: il medico ha il dovere di collaborazione con la struttura ospedaliera
Il medico curante che invia un paziente d’urgenza in una struttura ospedaliera deve fornire le necessarie informazioni sulle cure, i farmaci assunti dal paziente anche al fine di evitare possibili errori di inquadramento diagnostico.
Sotto il profilo causale risulta collegato con l’eventuale inadempimento del chirurgo, il venir meno del medico curante al dovere di cura e di compartecipazione in una situazione di emergenza. L’inadempimento, afferma la Corte di Cassazione, non è occasione di sventura, ma concausa omissiva, comunque determinante in un intervento chirurgico, che avviene presso una struttura inidonea, al punto che un intervento conservativo si trasforma nella lesione della integrità di una giovane donna.
Con questa motivazione, la Suprema Corte di Cassazione, sezione II civile, con una sentenza del 19 febbraio ha accolto, con rinvio per nuova valutazione, il ricorso di una paziente contro l’assoluzione del ginecologo di fiducia che aveva omesso di indicare la cura ormonale alla quale era stata sottoposta la paziente, errore che determinò l’ asportazione di una ciste e delle ovaie che si erano ingrandite, ma non al punto da rendere necessaria la radicale asportazione mutilante.
Secondo la giovane paziente, il medico curante aveva erroneamente praticato un trattamento di stimolazione ormonale con gonatropine per la cura di irregolarità mestruali che non rendeva possibile la gravidanza. Il trattamento aveva provocato una prima gravidanza,terminata con un aborto, l’ asportazione di entrambe le ovaie e un intervento di salpingectomia bilaterale per una cisti sull'annesso di sinistra. Interventi definitivi evitabili se la struttura fosse stata messa al corrente della corretta anamnesi e del percorso di cura a cui era stata sottoposta la paziente.
Con questa motivazione, la Suprema Corte di Cassazione, sezione II civile, con una sentenza del 19 febbraio ha accolto, con rinvio per nuova valutazione, il ricorso di una paziente contro l’assoluzione del ginecologo di fiducia che aveva omesso di indicare la cura ormonale alla quale era stata sottoposta la paziente, errore che determinò l’ asportazione di una ciste e delle ovaie che si erano ingrandite, ma non al punto da rendere necessaria la radicale asportazione mutilante.
Secondo la giovane paziente, il medico curante aveva erroneamente praticato un trattamento di stimolazione ormonale con gonatropine per la cura di irregolarità mestruali che non rendeva possibile la gravidanza. Il trattamento aveva provocato una prima gravidanza,terminata con un aborto, l’ asportazione di entrambe le ovaie e un intervento di salpingectomia bilaterale per una cisti sull'annesso di sinistra. Interventi definitivi evitabili se la struttura fosse stata messa al corrente della corretta anamnesi e del percorso di cura a cui era stata sottoposta la paziente.
Ma la condotta del ginecologo, proprio in relazione all'obbligo anche deontologico di garanzia (Cass. SU 30 novembre 2001 n. 13553, Cass. sez. 3, 21 luglio 2011 n.15993 e 15 dicembre 2011 n.27000) e di compartecipazione alle scelte del ricovero urgente, evidenzia una gravissima condotta negligente e omissiva verso i medici che intendevano effettuare un intervento, che non doveva essere ablativo ma conservativo, rendendo possibile il trasferimento in un ospedale attrezzato, peraltro non distante dai luoghi della clinica.
Avv. Paola Ferrari