Gli ospedali pugliesi penultimi in Italia

Questo è il dato risultante dal rapposto dell'Agenas: tempi lunghi e alta mortalità

Se avete l'infarto acuto del miocardio forse è meglio non andare al Di Venere di Bari: la mortalità a 30 giorni dal ricovero è del 26,15 per cento, cioè la seconda più alta d'Italia, dopo quella dello Sma di Pordenone. 

Mentre al San Paolo solo nello 0,25 per cento dei casi l'infarto del miocardio viene trattato con angioplastica coronarica entro 48 ore. Ma le cose non vanno meglio quando si parla di ortopedia. 

I tempi di attesa per un intervento chirurgico al collo del femore all'ospedale di Casarano è di 13 giorni come al Teresa Masselli di Foggia, ovvero gli stessi del Loreto Mare di Napoli. In parole povere, i più alti d'Italia. Mentre il ricorso ai parti cesarei al Tatarella di Foggia o allo stabilimento ospedaliero di Ostuni riguarda, rispettivamente, il 67,64 e il 66,67 per cento dei casi. 

 

È la fotografia impietosa della sanità pugliese che emerge dal rapporto dell'Agenas (l'agenzia nazionale per i servizi sanitari), che mette a confronto per il quarto anno consecutivo i risultati ottenuti in base a 47 indicatori comuni a tutti gli ospedali italiani: dalla mortalità a 30 giorni per ictus a quella per infarto, dalla proporzione dei parti con taglio cesareo alle complicanze a un mese per colecistectomia; dalla mortalità a un mese per l'intervento per un tumore al colon a quello per il polmone. Il rapporto è stato steso elaborando i dati raccolti attraverso il «programma nazionale esiti 2012». 

Guardando nel loro insieme i dati regione per regione, si ricava che la Puglia è la penultima in Italia per le peggiori performance, superata solo dalla Campania. Mentre il Molise sta appena meglio della Puglia. Al top invece c'è la Toscana, che registra il maggior numero in Italia di performance al di sopra della media. Per questo al Di Venere di Bari la mortalità a trenta giorni dal ricovero è 42 volte più elevata di quella al Serristori di Firenze. Mentre all'ospedale di Grottaglie, nel Tarantino, solo nell'1 per cento dei casi si riesce ad operare una frattura del femore in due giorni, quando al Sant'Eugenio di Roma questo succede nel 94 per cento dei casi. 

Una conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che la sanità al Sud è in generale peggiore di quella del Nord Italia. Anche se dei dati positivi, com'è ovvio, non mancano. E così, a fronte di una mortalità alta al Di Venere per infarto acuto del miocardio, a 30 giorni dal ricovero, si scopre che questa è bassissima a Casarano: solo nel 4,14 per cento dei casi. I dati dell'Agenas, però, sarebbero da prendere con le pinze secondo il direttore generale della Asl di Bari, Domenico Colasanto, i cui ospedali vengono tirati più volte in ballo in senso negativo- «Si tratta di dati - spiega Colasanto - del "programma esiti 2012", che però fanno riferimento a una situazione di due anni prima. 

E questo non è di poco conto, ad esempio, quando si parla di infarto del miocardio. A quell'epoca in Puglia non era stata ancora organizzata la rete delle angioplastiche sul territorio e, dunque, risultava difficile trattare i casi. Quando verrà testata la situazione del 2013, sicuramente, avremo ben altri risultati». Indubbiamente, il trattamento degli infarti del miocardio è solo una delle tante pecche della sanità barese. 

Ma, in molti altri casi, purtroppo ad entrare in ballo è la cronica mancanza di personale, essenzialmente frutto dei lacci del piano di rientro sanitario imposto alla Puglia negli ultimi tre anni. «Voglio ricordare - aggiunge il dg della più grande azienda sanitaria pugliese - quando parliamo di interventi ortopedici d'urgenza, che non abbiamo anestesisti per operare in 48 ore una frattura al femore. Per non parlare del fatto che ci sono posti da primario scoperti nelle Cardiologie di quasi tutti gli ospedali della Asl e mancano all'appello sei primari ostetrici. In questa situazione - conclude Colasanto - diventa davvero difficile avere dei risultati ottimali».

 La situazione per gli ospedali baresi, comunque, appare complicata anche quando si passa ad esaminare le strutture. Le prime piogge hanno mandato in tilt due ospedali del capoluogo di regione. In particolare, al pediatrico Giovanni XXIII lunedì è stato deciso di sospendere le attività delle sale operatorie a causa delle infiltrazioni di acqua piovana dal solaio, anche se non ci sono state interruzioni per le urgenze. L'attività è ripresa ieri. Mentre al Di Venere a Carbonara, l'acqua accumulatasi nei giorni scorsi a causa della pioggia ha reso inaccessibile l'ingresso, con gravi disagi per medici e utenti. Ed è per questo che la Asl ha deciso di approvare lavori urgenti alla viabilità e alle aree di parcheggio.

Carmen Carbonara

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